Caino, Abele, i sacrifici animali, e Yahweh
Rileggevo in questi giorni alcuni passaggi dei libri di Mauro Biglino, riguardanti il discorso dei sacrifici di animali fatti per compiacere Yahweh; mi hanno fatto tornare in mente un articolo-dibattito che avevo letto un annetto fa sul sito di Claude Mariottini, professore brasiliano di Antico Testamento e prolifico autore di commentari e articoli sul lessico antico testamentario. I suoi contributi sono stati pubblicati nei seguenti lavori: The Anchor Bible Dictionary, The Mercer Dictionary of the Bible, The Holman Bible Dictionary, Jewish Bible Quarterly, Perspective in Religious Studies, The Expository Times, Biblical Illustrator, Old Testament Abstracts, Catholic Biblical Quarterly, The Journal of Biblical Literature, and Biblical Archaeologist.
Si tratta, dunque, di uno studioso di tutto rispetto.
In un suo articolo del 2006 riguardante il tema dei sacrifici animali fatti dagli Israeliti, egli si dichiara in disaccordo con la nozione secondo la quale questi sacrifici erano graditi a Yahweh perchè rappresentavano la rinuncia agli dei dell' Egitto, e dunque una completa adesione al culto di Yahweh (nozione, questa, sostenuta da molti commentatori biblici, tra cui Michael Barber, i cui articoli Mariottini prende come spunto). Mariottini sostiene, a ragione, che il motivo per cui questi sacrifici venivano fatti, é esplicitato in numerosi punti del Vecchio Testamento: a Yahweh PIACEVA l' odore prodotto da questi sacrifici a base di animali bruciati. Sia in Esodo, che in Levitico, che in Numeri, molteplici passaggi dichiarano che il profumo di questi sacrifici era gradito a Yahweh. Uno per tutti, che vale la pena ricordare, é quello di Genesi 8:20-21:
[20]Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull'altare.
[21]Il Signore ne odorò la soave fragranza e pensò: Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo[...]
Altri passaggi importanti in cui si dichiara che a Yahweh era gradito l' aroma della carne bruciata si trovano in Levitico 1:9, 13, 17; 2:2, 9; 3:5; 4:31; 6:15, 21; 17:6; 23:18 e in Numeri 15:3, 7, 10, 13f, 24; 18:17; 28:8, 24, 27; 29:2, 8, 13, 36.
Del resto, basta leggere la Bibbia per scoprire che sacrifici animali a Yahweh non vennero fatti solo durante e dopo il periodo della presenza dei futuri Israeliti in Egitto (XV secolo a.C.), ma ben prima. Tralasciando il già citato esempio di Noè, possiamo risalire addirittura ai primi capitoli di Genesi, dove troviamo la prima offerta fatta a Yahweh: quella di Abele. Pur se il primo sacrificio animale in assoluto RICHIESTO da Yahweh si trova in Genesi 15, quando Yahweh stringe un patto con Abramo, il primo sacrificio FATTO per Yahweh sta in Genesi 4, quando Abele e Caino, figli di Adamo, cercano di compiacere il Signore.
[4]anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta
Non sappiamo effettivamente se questo sacrificio animale venne fatto sul fuoco, come invece é esplicitato in numerosi altri casi, ma poco importa. Ciò che importa é stabilire con certezza che la pratica del sacrificio NON rappresenta un atto di devozione o di 'rinuncia' ad altri dei, ipotesi non plausibile nè ai tempi biblici di Abele e Caino, nè a quelli di Noè.
I sacrifici animali, inoltre, erano presenti in numerose comunità ben prima della nascita dei cosiddetti Israeliti; a Babilonia erano diffusi nel II millennio a.C., ad Elam il sovrano accadico Puzur-Inshushinak ci lascia testimonianze di sacrifici di agnelli agli dei fin dal XXIII secolo a.C. (si veda a questo proposito "A History of the Animal World in the Ancient Near East" - Billie Jean Collins, 2001), ancora prima si trovano tracce a Sumer fin dal IV millennio, e perfino nella steppa russa erano diffusi a partire dal III millennio a.C. Molti sovrani assiri e babilonesi (come Nabucodonosor II) hanno lasciato scritto espressamente che gli 'dei' pretendevano simili pasti e/o sacrifici.
E' dunque avvalorato che il valore sacrificale dell' animale non era una semplice dimostrazione di sottomissione alla divinità, ma anzi una maniera per soddisfarla o compiacerla.
Mauro Biglino ha abbondantemente spiegato qual' era, secondo lui, il motivo per cui questo aroma era gradito a Yahweh; sia come sia, il tema é ricorrente nella letteratura religiosa, anche extra biblica. Il fatto che il tutto cominci, nel Vecchio Testamento, con Abele, mi ha fatto pensare al fatto che la vicenda stessa di Caino ed Abele e delle loro offerte a Dio potrebbe trarre spunto dalla personalizzazione di un mito mesopotamico, chiamato "la disputa tra il grano e la pecora".
In questo testo (si veda per esempio: E. Chiera, "Sumerian religious texts") , il dio Anu crea due personaggi: la regina grano e la regina pecora. Le due regine dibattono su chi offra miglior servizio agli dei Anunnaki, abitanti del DU.KU (Il luogo puro), ed alla fine solo l' intervento del dio Enki risolve il dibattito: la dea del grano viene nominata vincitrice, ed a lei si devono sottomettere "coloro che possiedono animali, gioielli e metalli preziosi".
Il mito, scritto sotto un' evidente impronta Enkita, dichiara dunque vincitrice il 'regno vegetale', mentre nella versione biblica, chiaramente Enlilita, é il 'regno animale' (l' offerta di grasso animale fatta da Abele) ad essere dichiarato come gradito al dio.
Soffermandoci a questo paragone, vale la pena spendere qualche parola su un particolare linguistico che traccia la provenienza del mito di Caino e Abele in tempi ben precedenti l' epoca israelitica: il significato dei nomi Abele e Caino, e la loro provenienza.
Il nome Abele, derivante dalla parola ebraica Ha-Bel, sembra non avere un significato particolare in lingua ebraica; la presenza però dell' articolo Ha sembra denotare che il termine Bel avesse almeno in origine un suo significato intrinseco.
Il nome Caino, derivante dalla parola ebraica Qa'yin, nasce dalla stessa radice del verbo QANAH, che ha il significato di "acquisire, ottenere".
Il dizionario Strong ci dà per il nome Abele una indicazione: una probabile derivazione dall' accadico. E infatti il termine Ha-Bel ha una corrispondenza non solo in accadico, ma anche in sumero, ed entrambe spiegano benissimo il significato del termine.
Il sumero IBILA (accadico Aplu / Ablu) significa FIGLIO.
Veniamo ora al nome di Caino: in Genesi 4:1 si dice che:
[1]Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore».
Questo uso di "acquistato" (in altre versioni: "ottenuto", "acquisito") ci rimanda anche esso all' accadico, lingua nella quale "ottenere / comprare / acquisire" si dice proprio qanû.
Gli esegeti spiegano questo "acquistato / acquisito dal Signore" come una 'concessione' fatta da Dio ad Adamo ed Eva, ma che senso avrebbe parlare di una 'concessione'? E perchè non se ne parla allo stesso modo nel caso di Abele, il secondogenito?
Potrebbe essere invece che in questi due versi assistiamo, come prospetta anche Sitchin nella sua analisi di Genesi, ad una duplice paternità?
Del resto il termine biblico utilizzato per descrivere l' unione tra Adamo ed Eva che porta alla nascita di Caino, é "conobbe", l' ebraico Yada, dal verbo "conoscere". Niente ci fa pensare ad un rapporto sessuale.... inoltre la preposizione ET- utilizzata in Genesi e tradotta come "dal", indica per l' esattezza una compagnia o prossimità. La traduzione quindi sarebbe "con il Signore".
Possiamo allora forse ipotizzare che il verso vada letto in una diversa maniera? Proponiamo questa lettura:
[1] Adamo conobbe Eva, Eva concepì e generò Caino, e lei disse: "Ho ottenuto un figlio con Yahweh".
Nel verso [2] Eva genera Abele, stavolta non sembra esserci nessun intervento o 'concessione' da parte del Signore. Fu allora Adamo, stavolta, a generare Abele con Eva? Se così fosse, si spiegherebbe il significato di Ha-Bel parallelamente all' accadico Aplu/Ablu, che indicava generalmente non un figlio in generale, ma il PRIMO FIGLIO, l' erede.
Ha-Bel probabilmente allora si chiamava così perchè era IL FIGLIO (e non "Un Figlio") di Adamo, del quale sarebbe dovuto essere erede.