Esodo 22:18 ma 7 anni in ritardo
Mi si é dipinto un sorriso quasi sarcastico in viso mentre leggevo nell' elenco degli articoli della newsletter di ANE (Ancient Near East) Magazine il titolo: "Thou shalt not suffer a witch to live: a murderous mistranslation?" (Non permetterai che una strega viva: un errore di traduzione assassino?). Il link rimanda ad un articolo del giornale ebraico Ha Aretz del 17 Agosto 2017, nel quale l' autrice Elizabeth Sloane tratta l' argomento del versetto biblico in oggetto. Presenta una panoramica sul significato 'classico' del versetto, parla dell' inquisizione, e presenta la teoria di un traduttore (Kenneth Kitchen) il quale fa derivare il termine mekhashepha, tradotto generalmente come "strega", da una radice che significa "tagliare".
Secondo l' autore quindi, gli omicidi delle streghe furono commessi in base ad un errore di traduzione.
L' articolo poi continua raccontando che la Septuaginta, la versione greca della Bibbia, traduce mekhashepha con pharmakeia che significherebbe "erborista" indicando colei o colui che preparava intrugli.
Ma non finisce qui... anzi, qui arriva il bello, il motivo del mio sorriso!
L' articolo poi parla dell' origine babilonese del termine, e racconta che secondo il prof. Yitshak Sefati della Bar-Ilan University i babilonesi dividevano le pratiche magiche in una magia 'Bianca' praticata dai asipu e masmassu, ed in una magia 'Nera' praticata da kassapu e kassaptu.
Vi ricorda qualcosa?
Chi segue il mio lavoro dagli inizi saprà certamente che correva il Maggio 2010 quando pubblicavo nel mio vecchio sito Shrine of the Lord Ningishzidda l' articolo: "Esodo 22:18 - un errori di wiccan e cristiani" (ripubblicato poi su Academia con titolo diverso) nel quale trattavo esattamente lo stesso argomento, e scendevo ancora più nel dettaglio.
Cito dal mio vecchio articolo:
Per capire il discorso bisogna andare a vedere il versetto originale nella versione ebraica:
M'khashephah lo tichayyah
che significa:
"non permetterai (o sopporterai) che una M'khashephah viva"
M'khashephah é il femminile di m'khasheph che significa:
"colui che pratica la k'shaphin ".
La kshaphin é la 'magia aggressiva', il termine deriva dal babilonese kashshapu che era uno dei termini usati per descrivere i maghi e i sacerdoti di Nergal, uno degli dei della magia.
Veniamo ora alla accezione del termine. Nella mitologia e ritualistica babilonese figurano vari esempi di utilizzo del termine Kashshapu, così come nella mitologia ebraica il termine k'shaphin, quasi sempre legati ad incantesimi ove si cercava di sopraffare qualcuno, per esempio di ucciderlo o di vincerlo in battaglia.
[...]
Il termine Kashshapu quindi non aveva una ben determinata valenza, descriveva semplicemente un alto livello di pratica magica.
Tutto questo succedeva ben 7 anni fa.
Mi fa piacere che dopo tutto sto tempo eminenti studiosi siano arrivati alle stesse conclusioni.