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Il termine Elohim: la mia analisi su Consulenza Ebraica e la risposta alle obiezioni

In questo post voglio riassumere alcuni dei miei interventi sul forum Consulenza Ebraica, dove scrissi anni fa per analizzare alcune critiche mosse ai libri di Biglino, e dal quale fui bannato.


L' intervento principale riguardava il termine Elohim.


Prima di addentrarci nell' argomento in se, occorre stabilire alcune definizioni necessarie per comprendere un discorso di analisi linguistica:

MORFOLOGIA: è la parte della grammatica o della linguistica che ha per oggetto lo studio della struttura grammaticale delle parole e che ne stabilisce la classificazione e l'appartenenza a determinate categorie. Esaminare la FORMA di una parola significa quindi dividerla in MORFEMI (le parti più elementari) e identificarne funzione e caratteristiche.

Esempio: parola = dentale morfemi = dent + al + e (dent = radice per l' apparato masticatore + al = morfema che implica l' aggettivazione di un nome + e = morfema che definisce numero e genere della parola)

SIGNIFICATO: é il valore intrinseco espresso dalla morfologia di una parola, esso può essere di diversi tipi, ma comunemente si intende con questo termine il concetto espresso dalla parola, più propriamente chiamato 'significato relazionale'.

UTILIZZO: E' il 'significato operazionale' di una parola o di un morfema, indica il modo in cui una parola viene utilizzata per innescare operazioni mentali che riconducano a un significato relazionale

Esempio: parola: cane significato relazionale (significato): appartenente alla razza dei canidi significato operazionale (utilizzo) : 'sei un cane!' utilizzo che causa una operazione mentale di paragone al significato relazionale della parola (si paragona un uomo a un appartenente alla razza dei canidi)

Fatte queste necessarie premesse, possiamo entrare nel merito dell' analisi linguistica e concettuale. L' autore Biglino sostiene, elencando una serie di motivazioni, che il termine ebraico biblico Elohim esprima una collettività di individui (dei quali non ci interessa stabilire la natura umana o meno) e che, quando questo termine é utilizzato per descrivere Yahweh, indichi uno tra i tanti Elohim. E' chiaro dunque che secondo l' autore il termine Elohim abbia una valenza (significato relazionale) plurale (collettività) ed un utilizzo a volte singolare e a volte plurale. Analizziamo il termine linguisticamente.

Morfologia: Elohim é composto dal morfema Eloh + il morfema IM; nella grammatica ebraica il morfema IM indica un plurale. Il morfema Eloh si legge in realtà Eloah e costituisce un nome univoco maschile. Morfologicamente quindi Elohim é composto da: – un nome univoco maschile – un morfema indicante numero plurale

Significato relazionale (significato): Essendo presente il numero plurale di un nome, il significato relazionale della parola Elohim é: 'Eloah in una quantità pari a o maggiore di due'

Significato operazionale (utilizzo): varia a seconda degli elementi grammaticali in giorno intorno alla parola. Sono attestati nella Bibbia utilizzi del termine accompagnati sia da elementi grammaticali che definiscono un numero singolare sia da elementi grammaticali che definiscono un numero plurale.

Es 1): “Elohim bara” = eloah (nome univoco di genere maschile) + im (numero plurale) + bara (costruzione verbale alla terza persona singolare)

In questa frase Elohim é morfologicamente plurale, ha un significato plurale, ma un utilizzo singolare

Es 2): “vayomer elohim naseh adam besalmenu kidmutenu” = va-yo-mer (yo = terza persona, tempo futuro, in questo caso -mar/mer indica numero singolare – mru avrebbe indicato numero plurale) + eloah (nome univoco genere maschile) + im (numero plurale) + n-aseh (n = prima persona plurale tempo futuro) + adam (nome univoco maschile singolare) + be (locativo, qui ha il significato 'con') + selem (nome univoco genere femminile numero singolare) + nu (aggettivo possessivo numero plurale, prima persona) + ki (qualitativo) + demoth (nome univoco genere femminile numero singolare) + nu (aggettivo possessivo numero plurale, prima persona)

In questa frase Elohim é morfologicamente plurale, con un significato plurale, un utilizzo singolare, autoreferentesi con elementi grammaticali tutti plurali. In questa seconda frase quindi é Elohim stesso (singolare) a dichiarare una pluralità (n-aseh / salme-nu / dmutenu) relativa a se stesso. Cioè Elohim dà di se stesso un SIGNIFICATO OPERAZIONALE plurale, perchè utilizza i verbi in numero plurale.


Dopo la spiegazione mi presi la briga di rispondere ad alcune critiche avanzate da frequentatori del forum:


ETTORE PINTORE:

1) Già se si parla di Elohim come di un sostantivo plurale, si dimostra di non conoscere nulla di ebraico.

Risposta: a non conoscere l' ebraico sembra essere il sig. Pintore che non sa che Elohim é morfologicamente plurale

2) La desinenza in "im" è plurale solo in apparenza, in quanto il termine Elohim è sempre singolare

Risposta: il sig. Pintore non sa che in linguistica e in grammatica non esiste la 'pluralità in apparenza', ma solo la pluralità. Il 'numero' dei nomi non é soggettivo. Inoltre memorizziamo per adesso che il sig. Pintore afferma che Elohim é sempre singolare (non chiarisce però se intende che ha una forma singolare, un significato singolare, o un utilizzo singolare)

3) Tradurre al plurale significa non conoscere l'ebraico. A prova di ciò sta il fatto che il primo verso della Bibbia sice: Bereshit barà elohimn et hashammaim veet haaretz". In principio creò il Legislatore Supremo, il cielo e la terra". Il verbò "barà" è al singolare, mentre se fosse stato al plurale sarebbe stato "barù". Si tratta di una nota regola di grammatica ebraica che non si conosce o che fa comodo non conoscere

Risposta: il sig. Pintore non può prendere della grammatica quel che gli piace e scartare quel che non gli piace. La presenza di n- nell' esempio 2, attaccato al verbo asah (fare), indica inequivocabilmente un plurale prima persona, quindi “facciamo”. La presenza nello stesso passo di ben 4 morfemi di numero plurale ( -im, n-, -nu, -nu) indica che siamo di fronte a una molteplicità di individui. E' una regola LINGUISTICA che trascende la lingua utilizzata, e che chiunque abbia un minimo di cognizioni linguistiche DEVE conoscere.



CONFUTATIO (purtroppo non conosco nome e cognome di questo individuo):


premessa: l' utente sostiene che non é possibile nè utile tradurre letteralmente un termine senza considerare il contesto in cui si trova. E' un principio sbagliato, la traduzione letterale é SEMPRE giustificata ed utile, tenendo conto che poi bisogna procedere ad interpretazione.


Se traducessi letteralmente il tuo nome - senza tenere conto del contesto - potrei tranquillamente allitterare 'Marc' a 'Marca' e quindi 'brand': a questo punto tu non sei più tu: sei un marchio. E' evidente che una traduzione letterale decontestualizzata non ha senso alcuno

Risposta: L' allitterazione avviene solo all' inizio delle parole e solo in numero di parole pari o maggiore di due. Parlare di allitterazione all' interno di una parola non ha senso. L' esempio fatto da Confutatio é una emerita 'castroneria castrante' (questa si, è una allitterazione).



AVRAHAM

Il termine ebraico Elohim è nella sua forma più frequente al singolare

Risposta: a parte una evidente confusione tra forma e utilizzo, infatti la forma (morfologia) del termine Elohim é di per se sempre purale inquanto presente il suffisso plurale -im, questa frase stride con la dichiarazione del Pintore: “il termine Elohim è sempre singolare”. Dobbiamo deciderci: Elohim, nei suoi utilizzi (e non nella forma) é sempre singolare o solo 'più frequentemente' singolare?




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