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Recensione: Gli occhi della Sfinge

Se mi chiedessero quale libro di Von Daniken merita indiscutibilmente di essere letto, non avrei il minimo dubbio nel consigliare "Gli occhi della Sfinge"; si tratta secondo me del libro nel quale il ricercatore svizzero ha dato il meglio di se stesso ed ha applicato al meglio la rigorosità di stampo scientifico che é richiesta ad un ricercatore 'alternativo' per non passare da cialtrone. Gli occhi della sfinge é un autentico colossal del suo genere: pubblicato nel 1996 in inglese, al 2003 (quando comprai la mia copia italiana) aveva venduto oltre 52 milioni di copie in tutto il mondo, ed é a mia opinione - subito dopo "Le astronavi del Sinai" di Zecharia Sitchin - il miglior libro in assoluto concernente l' archeologia misterica egiziana.


Il libro si apre con un gustoso racconto del primo viaggio dell' autore in Egitto, in visita (allora 19enne) alle famose 'tombe dei tori sacri' di Saqqara... tombe vuote, come fa notare l' autore, tombe che forse non hanno mai contenuto mai nessun toro... dopo un riassunto delle scoperte di Mariette, l' autore ci offre una lunghissima panoramica di tradizioni egizie e di storie tramandate da vari autori del passato, storie contraddittorie, storie che cozzano l' una con l' altra. Introduce parentesi riguardanti la Mesopotamia, il Meso America, l' India, porta a rivivere le parole di Strabone, di Erodoto, Diodoro Siculo e altri autori, parole riguardanti la presunta storia egiziana; ci parla delle opere e delle indagini di egittologi e archeologi del passato, quelli che hanno 'fondato' la materia degli studi di egittologia; ci parla a lungo del mitico Labirinto egizio, un labirinto scomparso, forse mai esistito, del quale tanti hanno scritto n passato...

Bisogna giungere però a metà libro per trovare il vero significato di questo libro: é da quel punto che Von Daniken inizia a mettere in atto il suo metodo di analisi ed indagine sul mistero per eccellenza: le piramidi di Giza. E qui ci vengono snocciolate tutte le più famose caratteristiche della Grande Piramide, se non fosse che all' epoca - ricordiamoci che stiamo parlando del 1996 - c' era ancora chi sputava su queste 'coincidenze', di cui prima di Von Daniken avevano scritto Bauval, Sitchin ed altri, facendole passare per 'pseudo scienza' e fandonie inventate da autori in cerca di fama...

Von Daniken fa il provocatore, come suo solito, e chiede: come costruire le piramidi senza legno? Questa domanda così banale, quasi ironica, getta nello scompiglio tutto il castello di carte della storia ufficiale. C viene detto che le piramidi di Giza furono costruite a partire dal 2600 a.C. circa, con utensili e gru di legno, ma all' epoca non esistevano in Egitto zone dove si potesse prelevare legno tanto resistente da compiere quel lavoro... le fonti di legno robuste si trovavano ad est, bisognava risalire il Nilo, ma come? Con barche che a loro volta dovevano essere costruite... di legno non presente in Egitto!

La stessa storia ufficiale ci dice che le più antiche navi egiziane ritrovate, le "barche di Abido", risalgono a circa il 2700 a.C., e non erano adatte a trasportare pesi enormi come quelli delle pietre usate per la piramide, provenienti da cave lungo il percorso del Nilo.


E così, evidenziando tutte le incongruenze, tutte le ipotesi di volta in volta cadute, Von Daniken delimita il confine tra ciò che appare alla mante di chi visita Giza e ciò che la storia ci racconta, ed evidenzia come niente quadra.


E arriviamo poi al capitolo più importante, quello n cui l autore ci prla a lungo dell' interno della piramide di Cheope, dei misteri che hanno sempre accompagnato questa arbitraria attribuzione; ci parla degli studi di Sitchin sulle falsificazioni di Vyse e Perring, ci parla di una strana tradizione locale nella quale si racconta di un re vissuto prima del diluvio che avrebbe fatto costruire le piramidi.

E arriva poi, finalmente, al mistero della Sfinge... ce ne racconta la storia, le indagini, le leggende, i personaggi, chiudendo - alla fine del libro - un percorso lunghissimo al termine del quale il lettore si trova sconcertato davanti alla consapevolezza che, dell' Egitto e della sua storia, gli 'esperti' inventano più di quanto effettivamente sanno.


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