Ningishzidda: la versione di Sitchin
Se evitiamo di fermarci ai testi citati nel post relativo alla versione accademica del dio, e se evitiamo considerazioni (a mio avviso) del tutto gratuite come quella di Jacobsen sulle radici, possiamo permetterci di avere una visione più ampia di questo strano personaggio, in particolar modo basandoci sulla iconografia e sulle incongruenze che i testi a lui relativi e alcuni altri documenti fanno sorgere. Anticipo qui sotto alcuni tratti identificativi del dio che si possono desumere dal materiale iconografico e dal confronto dei vari testi. * Ningishzidda era di sicuro una divinità ‘Enkita’, cioè discendente di Enki * Ningishzidda era un ‘dio della vita’ * Ningishzidda era un dio di grande sapienza, legato all’ arte della scrittura, del calcolo del tempo, e della costruzione di templi * Ningishzidda era un personaggio ‘neutrale’ nelle faide tra Enliliti ed Enkiti L’ associazione di questo giovane dio con Enki é legata alla sua iconografia: Ningishzidda era rappresentato dal serpente o da due serpenti intrecciati, a volte intorno a un bastone. Il serpente é il tipico attributo enkita (Enki era rappresentato dal serpente, e Marduk si accompagnava con il serpente Mushushu). E’ importante specificare che NESSUN dio enlilita é associato al serpente. Dalla letteratura ci giunge una tavoletta (‘Enki nell’ Absu’ o ‘Enki ed Ereshkigal’) che narra di un viaggio di Enki nell’ Absu, e di suoi rapporti sessuali con Ereshkigal. Il mito precedentemente citato, ‘Il viaggio di Ningishzidda nel mondo sotterraneo’, dal quale apprendiamo il nome di una sorella del dio, ci rivela anche che sua madre é Ereshkigal: e2-ba la-ba-te-te [...] ki derec-ki-gal-la-/ka\ [...] je26-e ama-ju10 ki aj2-ja2-[ni-ta] "You (towards Ama-cilima ) shall not draw near to this house, […] to the place of Ereckigala. My mother […] out of her love." Ningishzidda é dunque legato al ‘mondo di sotto’, l’ Absu, tramite Ereshkigal e anche tramite Enki, il quale era padrone dell’ Absu mentre Ereshkigal ne era regina ‘ad honorem’ assieme a suo marito Nergal. Sitchin asserisce che Ereshkigal stessa, figura enlilita sorella di Inanna, avesse ricevuto l’ Abzu in dono da Enki. Il nome Ningishzidda secondo Sitchin significa ‘Signore del manufatto della vita’. Egli sostiene che suo padre Enki gli trasmise le proprie conoscenze in campo medico-biologico, e che questo giovane dio fosse in grado, addirittura, di ‘riportare in vita i morti’, una capacità che lo stesso Enki aveva, e per il quale viene attestata per esempio nel mito della ‘discesa di Inanna nel mondo di sotto’. Le nozioni di Sitchin confermano il legame di Ningishzidda con la costruzione dei templi, ma egli non si limita a parlare del Girsu per Ninurta; infatti l’ autore attribuisce al dio la costruzione di almeno quattro centri megalitici sparsi per il globo: le piramidi di Giza, Teotihuacan, Stonehenge e Sarmizegetusa. Per capire questa attribuzione è bene chiarire che Sitchin identifica, sulla base dei miti, dei tratti caratteristici, e della iconografia, Ningishzidda con il dio egizio Thot (e anche Enki con Ptah e Marduk con Ra) e con il dio mexicano Quetzalcoatl. Da questa identificazione si possono mettere in evidenza tante altre nozioni riguardanti questa figura. Prima fra tutte la conferma delle capacità ‘magiche’ in relazione alla medicina. Thot infatti riporta in vita Horus punto dallo scorpione. Thot era il dio della magia e della scrittura, infatti veniva rappresentato spesso con lo stilo dello scriba in mano. Le stesse caratteristiche aveva in Mexico Quetzalcoatl, il dio ‘serpente piumato’ o ‘serpente alato’, il quale, secondo il mito, giunse via mare con alcuni seguaci (gli Olmechi, una popolazione mista ormai provata come composta in buona parte da africani negroidi). Quetzalcoatl portava con se il ‘segreto del tempo’, infatti il più antico calendario mesoamericano ha come data di partenza il 3113 a.C., data di arrivo del Serpente Piumato. Sitchin identifica questa data come il momento in cui Thot su scacciato da Ra (Marduk) dall’ Egitto. Sitchin, nell’ identificare Ningishzidda con Thot, lo lega indissolubilmente alle piramidi di Giza affermando che fu questo dio a progettarle come punto di segnalazione per la discesa degli dei dal cielo verso lo spazioporto situato nel Sinai. La grande conoscenza del dio in materia astronomica e astrologica si manifesta nell’ orientamento di queste piramidi con la cintura di Orione come appariva sull’ Egitto intorno al 10.500 a.C., data quindi attribuita da Sitchin per la costruzione delle piramidi. Thot era anche il dio che intercedeva per il faraone morto in modo che questi potesse ‘salire al Duat’ che, appunto, era identificato con Orione. In seguito alla costruzione delle piramidi, per testimoniare questo evento, fu costruita la Sfinge dal corpo di leone (per indicare che la costruzione era avvenuta nell’ Era del Leone) e con il volto del dio Ningishzidda che ne era stato il progettista. Le piramidi erano senza dubbio la più grande opera di Ningishzidda il quale, scacciato da suo fratello Marduk/Ra intorno al 3150 a.C., cercò una nuova terra in cui stabilirsi. Secondo Sitchin questa ricerca lo portò in Mexico, dove fondò dei nuovi centri tra i quali il principale fu Teotihuacan. Li fu adorato, come Quetzalcoatl, il dio che riassumeva i caratteri zoomorfi del serpente (simbolo della sua appartenenza alla dinastia enkita) e dell’ uccello (come ‘falco degli dei’ sumeri e come Ibis egiziano). Ma Sitchin evidenzia anche un altro aspetto della conoscenza di questo dio: quello legato alla misura del tempo che si manifestava in costruzioni orientate astrologicamente in maniera da poterne usufruire come ‘calendari’. E’ in questa ottica che Ningishzidda è visto come responsabile della progettazione di Stonehenge (o quantomeno della sua prima fase). Questo sito infatti ha una caratteristica che passa inosservata se considerata nel solo ambito della cultura preistorica inglese, ma che si rivela illuminante se considerata a livello globale, una caratteristica introdotta da Sitchin e sulla quale nessuno più ha indagato. La prima fase di Stonehenge infatti consisteva in una serie di buche e in sette lastroni di pietra disposti a cerchio. Di queste sette lastre, sei erano in posizione perfettamente circolare, mentre una (la Heel Stone) era posta al di fuori di questo cerchio immaginario come per costituire un ‘punto di mira’ o un ‘punto di osservazione’ esterno. La stessa disposizione che troviamo, 7 secoli dopo, nel cortile del Girsu dedicato a Ninurta, a pochi chilometri da Lagash.