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Estratto dal vol. 3: MU, Shumu, e Shem

[...]

Ma veniamo alla critica di Heiser. Egli scrive nel suo sito:


Nelle pagine da 140 a 143 de “Il pianeta degli dei”, Sitchin descrive il sumero MU come un oggetto conico a punta ovale e come “ciò che si innalza dritto”. Sitchin non cita nessun dizionario a sostegno di queste traduzioni. Uno sguardo ai vocaboli conteunti nelle grammatiche e al dizionario di sumero online non trova riscontro per questi significati.


Cita poi il lavoro di Horowitz, che in una pagina riportò una serie di equivalenze sumere legate (da una tavola catalogata K2035) all' accadico SHAMU, col significato riconosciuto di 'Cielo'. Dunque secondo Horowitz anche MU, che era una di queste equivalenze, era un termine legato al cielo. Personalmente questo lavoro di Horowitz mi ha sempre fatto abbastanza ridere, la pagina citata da Heiser contiene una serie di amenità linguistiche, e sopratutto non dice niente né della valenza né del signifcato della K2035. Prenderla quindi per oro colato e come fonte per cercare di smontare uno studio non si rivela una mossa furba.

Chi pensa che il mio ridere del lavoro di Horowitz sia fuori luogo o sintomo di presunzione, dovrà ricredersi, dopo aver letto questo esempio.

Horowitz riporta dalla K2035 l' equivalenza del TERMINE sumero ME con l' accadico SHAMU, e la discute citando che la SILLABA “me” nel termine accadico 'Melammu' é stata legata (in un commentario, quindi un' opinione) al 'cielo', mentre la sillaba “lam” é legata alla terra. Già questo dovrebbe far ridere, perchè si sta spiegando una equivalenza del termine sumero “ME” con una ipotetica associazione della sillaba accadica “me”. Per intenderci, sarebbe come pretendere di associare il termine inglese POUR (versare) alla sillaba francese 'pour' in 'pourquoi' (perchè). Queste due entità sono completamente diverse.

Ma torniamo al MU, o meglio allo SHU.MU.

Heiser riporta che secondo Sitchin il sumero MU sarebbe stato trasposto nelle lingue semitiche come SHU-MU, che lui traduce “Ciò che é un MU”, e che poi sarebbe diventato in accadico Shamu e in ebraico Shem. Heiser cerca poi di dimostrare:


  • che SHU-MU in sumero non esiste e grammaticalmente non può significare “Ciò che é un MU”;

  • che l' accadico Shamu non deriva dal sumero SHU-MU


Per farlo, fa una disquisizione sul fatto che per significare “Ciò che é un MU”, il SHU- dovrebbe essere un pronome relativo, ma la lingua sumera non aveva questo tipo di pronome (Heiser cita come fonte la grammatica di HayesA manual of sumerian grammar”).


Il primo errore di Heiser sta proprio qui, non ha letto bene cosa Sitchin scrive.


[...]impiegavano il termine sumero MU o i suoi derivati semitici Shu-Mu (ciò che é un MU), Sham, o Shem.[...]


risulta evidente che Sitchin scrive un' altra cosa: é il derivato semitico SHU-MU a significare “Ciò che é un MU”, quindi non il sumero, ma l' accadico.

A questo punto il discorso si trasforma ed é da inquadrare in questi termini: in accadico esistevano i pronomi relativi? E se esistevano, SHU ne faceva parte?

Ovviamente la risposta ad entrambe queste domande é un sonoro SI, come possiamo leggere nella grammatica accadica dell' Università di Chicago, dalla quale ho estratto l' immagine seguente.


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