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Nuovi estratti dal vol.3 - ELOHIM

Anticipazione per voi di alcuni passaggi contenuti nel capitolo relativo al termine Elohim.


Ho lasciato questo capitolo per ultimo – lo confesso – anche per lasciare il lettore un po' sulle spine. Il motivo principale però é il fato che Heiser nel tempo ha modificato sostanzialmente e ri-arrangiato questa sezione del suo sito, ed i pdf collegati, per trattare non solo la visione degli Elohim di Sitchin, a anche quella di alcuni altri ricercatori alternativi quali Lawrence Gardner, William Henry, Lloyd Pye, e anche Erik Poltorak, allievo di Sitchin. Il risultato di queste modifiche e ri-arrangiamenti é che attualmente é molto difficile stabilire in quali punti Heiser si riferisca a Sitchin e in quali ad altri, compromettendo così la possibilità di una puntuale analisi critica dei suoi ed altrui contenuti. Per poter trattare questo paragrafo dunque il sottoscritto sarà costretto a rimanere forzatamente aleatorio nella trattazione, prendendo qui e li le varie asserzioni di Heiser nelle quali specificatamente nominerà Sitchin.

L' introduzione della sezione presente nel sito, contiene fin da subito una asserzione forte: secondo Heiser, Sitchin sapeva si parlare ebraico, ma non ne conosceva la grammatica. Per cercare di spiegarsi, rivolgendosi al lettore, fa notare come giustamente sia diverso il saper parlare o scrivere una lingua dal saperne fare una analisi sintattica e logica (e questo é innegabile), ma nel far ciò Heiser dimentica una cosa importantissima: se una persona parla e scrive correttamente una lingua – sia essa la propria o meno – non ha assolutamente nessuna importanza il conoscerne la corretta terminologia grammaticale: scriverà dunque correttamente perchè avrà imparato ad abbinare correttamente le varie forme, i vari costrutti, spesso anche senza sapere cosa essi siano e le regole che li dominano.

Mi spiego facendo degli esempi con alcune lingue a me congeniali e che nel corso del tempo ho studiato:

  • quando in romeno voglio dire “ho bevuto la birra di mio fratello” dirò “am beaut berea fratelui meu” perchè ascoltando, leggendo, praticando, e magari anche sbagliando, avrò imparato che questo é il modo di dirlo. Non ha importanza se ho studiato o meno la regola secondo la quale il genitivo -LUI si attacca alla fine del termine FRATE (fratello).

  • Se sono in vacanza in Polonia e voglio lamentarmi con l' albergatore perchè mi ha dato una camera senza terrazza, avrò imparato (magari ascoltando un audio corso o semplicemente con la pratica quotidiana) che posso dire “W pokoju nie ma balkonu” oppure “Ten pokòj nie ma balkonu” senza nemmeno conoscere l' importante differenza grammaticale che passa nell' usare W Pokoju = nella stanza (suffisso -U locativo, introdotto dalla preposizione W = In) o alternativamente Ten Pokòj = questa stanza (nessun suffisso nel caso nominativo, introdotto dall' avverbio Ten = Questa).

  • Se in lingua azera (la lingua nativa di Sitchin) voglio dire che “questi sono libri” potrò dire “Bunlar Kitablardir” anche non essendo a conoscenza della regola grammaticale secondo la quale la terza persona plurale (Onlar) vuole nel sostantivo il suffisso plurale -LAR in ultima posizione. Potrò usare Onlar kitablardir o Onlar kitabdirlar indifferentemente. Nel caso volessi dire che due miei amici 'sono insegnanti' potrei usare tranquillamente l' elisione del plurale e dire Onlar Muallimdir anzi che Onlar Muallimdirlar poiché il plurale é già esplicitato nel nome 'loro' Onlar. Tutte le forme sono parimenti corrette a dispetto della grammatica formale, e nessun azero si sognerebbe di correggermele.


Questo breve excursus linguistico – lungi dall' essere sterile – serve per far capire al lettore che si, la grammatica é importante, ma se in un modo o nell' altro una persona impara la lingua correttamente senza studiarne le regole grammaticali nel dettaglio, parlerà comunque correttamente e sarà capace di tradurre nei due versi in maniera corretta. Detto ciò, possiamo finalmente muoverci verso l' analisi di alcune asserzioni di Heiser.

La prima, fondamentale critica di Heiser, é già di per se un errore. Egli scrive:


“Contrariamente a quanto Sitchin sostiene,

la parola ELOHIM non sempre significa DEI (plurale)”


Dunque Heiser afferma che Sitchin sostiene che Elohim significa sempre DEI.

Questa critica viene ripresa praticamente da tutti, proprio tutti, i critici della teoria degli antichi astronauti o in generale da tutti coloro che vogliono sostenere l' unicità di Dio come tale. E' interessante notare come molti di questi critici in realtà dicano in sostanza ciò che sostengono Sitchin e i teorici della identificazione degli Elohim con entità aliene, semplicemente loro utilizzano terminologie diverse o fanno differire i vari 'elohim' in grado o natura, per poter mantenere così il dogma del 'dio unico'.

Scampiamo innanzi tutto ogni dubbio: quando si parla di significato bisogna distinguere tra significato implicito del termine (significato relazionale, o morfologico) e significato esplicito (significato operazionale, o utilizzo del termine).


[...]


Sitchin nella sua spiegazione del termine Elohim sostiene, elencando una serie di motivazioni, che il termine ebraico biblico Elohim esprima una collettività di individui (dei quali al momento non ci interessa stabilire la natura umana o meno). E' chiaro dunque che secondo l' autore il termine Elohim abbia una valenza (significato relazionale) plurale (collettività) ed un utilizzo (significato operazionale) a volte singolare e a volte plurale.


[...]


Questi esempi ed il ragionamento sulla morfologia del termine, indicano che Sitchin avrebbe ragione se testualmente scrivesse che “Elohim é un termine plurale” o che “il significato di Elohim é sempre plurale” riferendosi al suo significato intrinseco. Nonostante ciò – potrete ormai immaginarlo da soli – come sempre, Heiser ha completamente FALSIFICATO le parole di Sitchin, poiché egli non scrive mai niente di simile.

Fin dalla prima volta in cui l' autore menziona il termine Elohim, egli scrive solo che LETTERALMENTE é un plurale, ed abbiamo visto che così é, con buona pace di Heiser.

L' estratto qui sotto é la prima occorrenza del termine Elohim nel libro “Il pianeta degli dei” versione originale americana (“The twelfth planet”) del 1976.





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