Analisi del termine DINGIR pt.1 di 3
Questo é il primo di tre articoli relativi all' analisi linguistica e grafica del termine utilizzato dai sumeri per descrivere le loro 'divinità', il termine DINGIR.
Lo farò riprendendo due articoli scritti in passato, ed espandendo poi nel terzo articolo i concetti proponendo nuove conferme alle analisi fatte negli anni passati, validando così appieno il lavoro di analisi svolto a sua volta, ormai esattamente 40 anni fa, da Zecharia Sitchin.
DINGIR COME RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA 'NAVICELLA' DEGLI DEI
E' bene innanzitutto farsi una idea della conoscenza ufficiale riguardo gli dei sumeri, riassumendo brevemente il rapporto che la linguistica sumera aveva con questi esseri.
Altresì bisogna sottolineare che la sumerologia ortodossa tratta il termine in esame come una unica parola, scritta DINGIR al quale si dà il significato di ‘dio, divinità, gruppo di divinità’ e che viene fatta derivare da DI + GAR = ‘emanare un decreto’, riferimento al fatto che questi esseri regolamentavano la vita a Sumer.
Il termine dingir viene quasi sempre traslitterato in forma abbreviata davanti ai nomi di divinità, nella forma d.nin.girsu o (d)nin.girsu, assai raramente troviamo una forma con il termine per esteso scritto in apice dingir.Amar.ud generalmente utilizzata per i sostantivi quando si vuole indicare a che ‘famiglia’ essi appartengono. Per chiarire, quando in un testo compare il termine UTU, che è sia il nome di un dio sia il Sole, quindi un corpo celeste, nel primo caso verrà traslitterato dingir.Utu, nel secondo caso mul.Utu.
Ma quale è il cuneiforme per ‘dingir’?
Generalmente in quasi tutte le grammatiche e nei lexicon sumeri si dice che il glifo per dingir sia quello corrispondente al termine AN, che era anche il nome della massima divinità del pantheon sumero, e che significa ‘alto’ o ‘cielo’. Wikipedia stessa, in tutte le sue versioni, riporta che il termine 'dingir' nasce con il segno cuneiforme di una stella.
Insomma secondo gli studiosi il termine DINGIR significa ‘emanare un decreto’ ma veniva scritto con un glifo che significa ‘alto, cielo’. Il glifo in questione è rappresentato, nella immagine composita qui a fine articolo, dalla figura [1], ed effettivamente questo è il glifo che compare nelle tavole sumere davanti ai nomi di divinità, come possiamo vedere per esempio da una delle iscrizioni lasciate dal re Gudea (figura [2] nella immagine composita).
Ma c’ è un altro aspetto del termine dingir che ci interessa, che si può comprendere analizzando i singoli segni cuneiformi che vanno utilizzati se vogliamo scrivere DINGIR. Essi non sono i segni di DIN + GAR, ma DI(N) + GIR. Devo specificare qui che quando scrissi il mio primo articolo, utilizzavo un set di caratteri cuneiformi molto grezzo, nel quale erroneamente avevo 'invertito' i segni con i loro valori, quindi avevo attribuito al segni DIN il valore GIR e viceversa... ho corretto questo errore solo nel secondo articolo, quindi in questa sede utilizzerò direttamente la scrittura corretta senza riportare il materiale del primo articolo, ormai superato. I segni per DIN e GIR sono riportati, nella forma risalente alla metà del II millennio a.C. (e stilizzati in forma artistica) nella figura [3].
I due simboli sono molto particolari... semplicemente guardandoli ed analizzandoli non si capisce come, da loro, si possa essere passati alla forma cuneiforme che si legge AN e che ha significato diverso. Dunque la scelta di utilizzare il glifo per AN per soppiantare il termine DINGIR deve essere stata basata non sulla forma grafica ma sul significato. Come già visto il termine AN significa ‘cielo’ o ‘alto’. Lo stesso concetto è stranamente espresso dai segni che compongono DINGIR quando essi sono presi nella loro versione pittografica o cuneiforme ‘prima della rotazione’ del verso di scrittura. Tale versione infatti indica una sorta di ‘basamento’ quadrato o rettangolare sormontato da un cuneo a punta verso l’ alto (figura [4]).
La prima volta che vidi questa rappresentazione rimasi abbastanza sorpreso perché mi ricordava in modo strabiliante la foto di una incisione su placca presente nella tomba del governatore egiziano Hui, tomba sita nella parte occidentale della penisola del Sinai. Tale raffigurazione, riportata in forma parziale da Gaston Maspero (e in forma completa da Karl Lepsius) in una sua celebre opera archeologica alla fine del XIX secolo, è riprodotta in forma di disegno da Zecharia Sitchin nei suoi libri. Andai a ricercare la foto del dipinto, e comparandolo con la forma intera proposta da Sitchin e con i segni di cui abbiamo parlato riuscii a comporre ciò che vedete in figura [5].
Le linee in azzurro poste nel disegno mostrano come sia possibile ricavare da questo le forme dei glifi che compongono il termine DINGIR. Ma di cosa si tratta? Gaston Maspero nel suo libro presenta il contenuto di questo dipinto come una ‘scena di adorazione nel deserto della Nubia’. Non spiega cosa sia la costruzione tronco-conica che spunta dal terreno, e non offre nella sua riproduzione la parte ‘sottoterra’. Ne mostra in effetti soltanto una minima parte come vediamo in figura [6].
La versione originale e completa della riproduzione dal libro di Maspero, fa intendere che sotto il livello del terreno c’ è effettivamente qualcosa, che però lui non riproduce, forse non ritenendola interessante. Si vede comunque una porzione di ciò che è invece rappresentato fedelmente nella versione data da Sitchin. La versione completa fu pubblicata però da Lepsius (figura [7]), e ci permette di stabilire l' esattezza del disegno di Sitchin. L’ autore russo identifica questa ‘costruzione’ come una ‘navicella spaziale’, una sorta di modulo spaziale che si staccherebbe dal ‘corpo’ per esempio come fanno i nostri Shuttle al rientro dalle missioni spaziali.
Ciò é legato al fatto che secondo Sitchin gli ‘dei’ sumeri erano esseri capaci di voli spaziali con mezzi di trasporto aereo dei quali si trova traccia in vari miti sumeri.
Per quanto assurda possa apparire questa ipotesi, che ricordo essere basata su decine di riferimenti nei testi, se fosse plausibile sarebbe la perfetta spiegazione della composizione del termine DINGIR, come vediamo dalla mia immagine composita, sia dal punto di vista grafico (i contorni delle due parti della navicella, quella sotterranea e quella sopra terra) sia dal punto di vista del significato (la navicella è rivolta verso l’ alto, verso il cielo, e serve appunto per salire in cielo).
Questo termine dunque, composto da due glifi che ricalcano la forma di una navicella o di un razzo multi stadio, per la proprietà di questa navicella di ‘dirigersi verso il cielo’, sarebbe poi stato reso dal glifo più semplice AN che significa ‘cielo’.
Nel prossimo post vedremo come le fonti classiche, i dizionari, e le liste di segni permettano di identificare con certezza DINGIR come l' unione dei segni DE2+NGIR2, e si potesse scrivere sillabicamente nella forma DI+IN+GIR.