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Anteprima di Il fenomeno Nibiru volume 3

Per farmi perdonare per la lunga pausa che ci sarà nel blog, avevo deciso di scrivere una nuova recensione. Avevo scelto Non c' é creazione nella Bibbia, di Mauro Biglino. Non potendo garantire di completarla entro domenica sera, ho deciso invece di offrirvi una piccola anteprima del prossimo libro: Il fenomeno Nibiru vol.3 dedicato alle critiche di Michael Heiser.


Lo stralcio che qui vi propongo é tratto dalla sezione "The 12th Planet" ed é un capitolo conclusivo del documento di Heiser in cui egli fornisce alcune fonti di approfondimento. Il concetto che Heiser esprime nelle poche righe del capitolo conclusivo é che le nozioni date da Sitchin riguardo all' astronomia mesopotamica siano errate, e l' utente debba andare ad informarsi dalle fonti fornite dal critico.


Buona lettura.



PUNTO 4: SULLA CONOSCENZA ASTRONOMICA MESOPOTAMICA O SUMERA

E' l' ultimo capitolo delle fonti, in cui Heiser invita il lettore a verificare quanto scritto utilizzando una serie di link da lui forniti. Non mi interessa trattare le fonti, ma l' affermazione che Heiser categoricamente propone come verità: secondo lui non esiste testimonianza che in Mesopotamia fossero conosciuti più di 5 pianeti (più sole e luna). Il discorso qui é lunghissimo, siccome Heiser non approfondisce questo aspetto dovrei esimermi dall' affrontarlo, ma mi sento in obbligo di trattare dettagliatamente il problema perchè questa affermazione di Heiser viene ripresa da tanti critici.

Per capire come stanno le cose, bisogna partire proprio da una vicenda chiarificatrice che parte un po' da lontano...

Lo studioso Langdon, uno dei padri della assiriologia, in un suo libro affronta il tema del Mul.Mul e scrive che il termine MUL.MUL descrive la costellazione del Toro, e descrive un gruppo di 'divinità astrologiche'. Egli fa notare come questo gruppo di 7 sfere abbia rappresentato in antichità gli Igigi, i 600 dei.

Come si lega il Mul.Mul agli Igigi? Pare che l' identificazione sia stata fatta in base ai nomi degli dei del Rilievo di Bavan, e ulteriormente confermata dal fatto che i segni per descrivere gli Igigi si scrivessero Dingir + V + II che venne tradotto dallo studioso Ward in "Dei 7". Langdon però sostiene che questa teoria sia sbagliata: il segno Dingir + V + II si leggerebbe IA (5) x Gish (60) + (GISH (60) facendo quindi 5x(60+60) = 5x120 = 600, il numero degli Igigi come menzionati in varie tavolette.

Inoltre, secondo il testo R.25, gli Igigi erano 8 e non 7, e Langdon sostiene che probabilmente per questo furono confusi con le Pleiadi.

Conclude Langdon: "E' possibile quindi che il Mul.Mul rappresentasse gli Igigi".

La cosa più curiosa però sta in nota: Langdon riporta l' ipotesi da me già citata dello studioso W.J. Hinke, il quale ipotizzava che il simbolo dei 7 pallini rappresentasse 7 pianeti. Una eventualità che Langdon definisce "una teoria completamente impossibile".

Perchè? Il mio sospetto, come anche dice Sitchin, é che questo conto avrebbe fatto a pugni con la nozione ormai 'acquisita' (o inventata?) dagli studiosi secondo i quali in Mesopotamia si conoscevano solo 5 pianeti. Qui riporto la cattura del libro di Langdon:


[vedi foto a fine articolo]


Ebbene fermiamoci a pensare proprio a questa eventualità.

Nei suoi libri Sitchin commette un grossolano errore di estensione quando parla di astrologia e astronomia sumere, perchè allo stato attuale le uniche tavolette di questo tipo ci vengono dal II e I millennio, non dal periodo storico sumero. Sitchin parla a volte di astronomia sumera perchè dà per scontato che queste tavolette babilonesi o assire siano copie di precedenti sumere. Comunque sia, le tavolette sono state scoperte a partire da circa 150 anni fa. Già a quell’ epoca, forti della conoscenza delle altre culture del globo, si credeva che ‘gli antichi’ conoscessero soltanto 5 pianeti (7 con la luna e il sole). Non dimentichiamo che nel medioevo si riteneva che ne esistessero solo 6. Quando, dunque, sono state rinvenute le tavolette contenenti elenchi di stelle / pianeti, nell’ elenco si son identificati i 5 pianeti più la luna e il sole e si è ripreso a contare gli stessi da capo. Per intenderci, se le liste contenevano 9 nomi, il percorso di identificazione è stato questo:


sole – mercurio – venere – terra – luna -

marte – giove – saturno – sole etc


Questo processo ci è indirettamente reso noto dal lavoro di Enn Kasak e Raoul Veede intitolato “Understanding planets in ancient Mesopotamia”. Ovviamente nella riga di testo qui sopra ho riportato i corpi celesti così come noi li conosciamo, e non nell’ ordine in cui erano considerati dai babilonesi o dagli assiri. Va inoltre capito che ogni identificazione di pianeti e corpi celesti giunta fino a noi non ci viene da testi di osservazione ‘per se’, e che i nomi dei pianeti e corpi celesti ci giungono generalmente da liste in cui questi nomi sono associati a divinità.

Ma non esiste un unico elenco di come i sumeri e gli accadi identificassero gli dei e i pianeti o in che ordine. Ne esistono almeno 4 o 5, con ordini diversi e associazioni diverse tra divinità e corpi celesti a seconda della città, del periodo etc.

Anche le terminologie usate negli elenchi di corpi celesti sono spesso confusionarie se ci si arena ancora alla nozione secondo la quale in Mesopotamia si conoscevano solo 5 pianeti. Un caso sintomatico è il pianeta Giove, da tutti associato a Marduk, il cui nome era MUL.MARDUK o MUL.AMAR.UD. Ebbene mentre in questo nome compare il nome del dio, che permette di ritenere valida l’ identificazione, il problema nasce con l’ epiteto di Giove MUL.BABBAR.

Infatti BABBAR era un nome legato univocamente a Shamash, il cui tempio appunto si chiamava E.Babbar. Abbiamo quindi Giove identificato con Marduk e poi con un nome che riferisce a Shamash. Ma Shamash era il Sole, quindi qui abbiamo Giove identificato con il Sole. E che dire di MUL.NEBERU identificato dagli studiosi come Giove, ma anche come stella, e in un altro testo identificato anche con Mercurio?

Il già citato MUL.BABBAR era chiamato anche MUL.UD.AL.TAR identificato sia in Giove sia nella stella Procione (a Canis Minoris). Ovviamente queste sono tutte attribuzioni fatte dagli studiosi in base a preconcetti ed analisi viziate dal solito concetto dei ‘5 pianeti’.


Affermare quindi che in Mesopotamia si conoscevano solo 5 pianeti é non tenere conto del vizio di forma mentis che ha condizionato, alla fine del XIX secolo, il mondo della ricerca archeologica e linguistica del Vicino Oriente. Di fatto, la totale confusione in termini linguistici e attributivi autorizza un eventuale studioso ad andare ben oltre la nozione ritenuta assodata dei 'cinque pianeti soltanto'.


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