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Le basi: c' é davvero un riscaldamento in atto?

 

La domanda fondamentale che dobbiamo farci é questa: C' é davvero un riscaldamento in atto? A questa poi ne devono seguire altre due: Questo riscaldamento, se verificabile, è continuo? E' globale?

La registrazione delle temperature del passato é fatta con metodi diversi: campioni di ghiaccio, registrazioni storiche svolte nel corso degli anni, analisi dei reperti lignei, e altri ancora. Sui documenti che supportano la teoria del riscaldamento globale vengono riportati numerosi grafici che si concentrano quasi sempre sul periodo riguardante l' industrializzazione, e generalmente in questi grafici le temperature sono messe in relazione al contenuto di CO2 in atmosfera. Due esempi classici di questi grafici sono mostrati qui sotto:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esaminiamo il primo, più dettagliato e relativo alle sole temperature. Il trend mostrato in questo grafico, limitandoci al periodo, lascia pochi dubbi: dal 1910 ad oggi (l' ultimo anno riportato é il 2012) c' é un pressochè continuo riscaldamento con due flessioni, una tra il 1940 circa e il 1970, e una attuale diciamo a partire dal 2005.

Problema risolto? No. Principalmente perchè su un periodo di 100 anni, un totale di flessione di circa 37 anni non é trascurabile... se in 100 anni di dati ben 1/3 di questo periodo mostra non riscaldamento ma addirittura raffreddamento, la lettura globale del fenomeno andrebbe riconsiderata. A questo bisogna aggiungere che tra il 1880 (in piena industrializzazione) e il 1910 le temperature stavano scendendo, quindi su un totale di 130 anni, la flessione totale contro-riscaldamento é di circa 67 anni. Quasi la metà! E non sappiamo, da questo grafico, cosa stava succedendo prima del 1880.

Già un grafico come questo visto sopra quindi permette di mettere in dubbio la teoria del riscaldamento prodotta da chi usa questo grafico per comprovarla.

Andando a prendere dataset di temperature diversi, l' instabilità si accentua.

Il grafico qui sotto prende in esame le temperature ricostruite tra il 1850 e il 2005 a intervalli di 5 anni:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su un periodo di 155 anni, vediamo una diminuzione tra il 1855 e il 1865, un aumento fino al 1880, una diminuzione dal 1880 al 1910, un aumento fino al 1940, una diminuzione brusca fino al 1950, una ripresa lenta fino al 1970, e poi una impennata fino al 2005. Guardando questo grafico si ha la netta impressione che anche il periodo tra il 1940 e il 1970 fosse di complessivo riscaldamento... il problema é che il grafico appena visto utilizza un tipo di rappresentazione che mitiga la variabilità. Gli stessi esatti dati, mostrati in maniera diversa nel grafico qui sotto, danno una impressione molto diversa. Si guardi infatti il 2° grafico (che riporta temperature e CO2) e si noterà come il periodo 1940-1970 appaia ben più frastagliato e sia più apprezzabile la media di stasi.

 

 

Andiamo invece avedere cosa succede considerando intervalli di tempo più ampi.

Il grafico qui sotto mostra le temperature ricostruite degli ultimi 2000 anni:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come si può notare gran parte del periodo é stato di raffreddamento e stasi, non di riscaldamento. 

Un periodo oscillante ma sulla stessa media tra l' anno 0 e il 600, é seguito da un aumento fino al 1000 circa, poi altri 100 anni di stasi, e ben 500 anni di diminuzione. Altri 100 anni circa di stasi fino al 1700, e poi un quasi continuo aumento fino al 2000.  In tutto abbiamo: 800 anni circa di stasi, 500 anni di diminuzione, e 700 anni di aumento. E' bene anche osservare che tranne negli ultimi 300 ani, l' aumento consistente tra il 700 e il 1000 e quello tra il 1700 e il 1850 circa sono stati molto variabili, con una tendenza continua a crescere ma con osservabili svarioni a diminuire. 

Prendiamo in esame un periodo ancora più ampio: 5000 anni.

Il grafico qui sotto mostra le temperature ricostruite per l' antartide degli ultimi 5000 anni. L' anno zero, all' estrema destra, é il 1950.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come possiamo osservare il grafico contiene ampissime variazioni, ma il trend é chiaramente in continua diminuzione. Il range delle temperature qui é leggermente più ampio dei grafici precedenti, che tenevano in considerazione un intervallo in genere tra i 0.6°C e 1°C, poichè abbiamo un picco di +1.3°C.

Andiamo ancora oltre... un grafico a 12000 anni a partire dal 2004. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui le cose si fanno ancora più evidenti: dopo il comprensibile brusco riscaldamento conseguente la fine dell' era glaciale, e un periodo di assestamento di circa 2000 anni, a partire da 8000 anni fa il trend é in costante diminuzione, seppur intervallato da alternanze di riscaldamento e raffreddamento. 

Vogliamo andare ancora più indietro? Il grafico qui sotto riporta la ricostruzioni della situazione in antartide negli ultimi 400mila anni:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come é evidente, le temperature ciclicamente impennano e crollano. I crolli nel grafico sono le precedenti ere glaciali, alle quali segue il disgelo e l' impennata delle temperature fino ai livelli uguali a quelli attuali, che dobbiamo considerare 'la normalità'.

Non ci si lasci ingannare dalla maggiore densità dei dati in tempi moderni, questa mostra solo come di questi tempi più recenti abbiamo più campioni e più dati. Il chè mostra, essendo coerente con i milleni precedenti con dati e ricostruzioni basate su meno campioni, l' attendibilità del metodo.

 

Pare evidente a questo punto quale é la risposta alla prima e fondamentale domanda.

C' é un riscaldamento in atto? Si, se si considera il breve periodo, no se si considera il medio o lungo periodo.

E' bene tenere presente che questi grafici sono forniti tutti da SOSTENITORI del GWA.

 

Questi grafici ci permettono anche di rispondere alla prima delle due domande conseguenti. Questo riscaldamento, se verificabile (consideriamo il breve periodo), é continuo? No. In realtà anche il periodo di riscaldamento verificabile é una alternanza di riscaldamenti e raffreddamenti, caratterizzata da forte instabilità e da intervalli di stasi di notevole importanza.

 

Rimane da rispondere a un' ultima domanda. Il riscaldamento, se verificabile, é globale?

Tra poco ci dedicheremo a questo punto, prima però riprendiamo i dati sui 2000 anni ma con un range di temperatura di 3 gradi di variazione, in modo che l' alternanza risulti un po' appiattita e renda più immediata la lettura del trend generale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dire che si commenta da sola é essere gentili.

 

Abbiamo stabilito che sembra esserci in corso una alternanza di riscaldamenti e raffreddamenti più o meno ciclici, e che i dati degli ultimi decenni sembrerebbero mostrare che ora ci troviamo in una fase di riscaldamento sul breve periodo (in un' altra pagina mostreremo come probabilmente questo non sia più vero negli ultimi 10 anni). Ora chiediamoci se questo presunto ed ipotizzato riscaldamento sia globale o invece una serie di fenomei puntuali.

 

Secondo le stime del GRUMP (Global Rural Urban Mapping Project) nel decennio 2000-2010 solo il 3% della superficie del pianeta era occupata da aree urbane; la maggiore concentrazione si ha nelle coste (fino al 10% della superficie, e fino al 65% della popolazione) e solo il 7% della popolazione mondiale risiede in mega città.

Il 20% circa della popolazione risiede in città con meno di 500.000 abitanti.

Questi numeri sono importanti per renderci conto del fatto che le attività umane, urbane ed industriali, occupano una superficie irrisoria rispetto al totale disponibile nel pianeta. Il pianeta stesso, secondo le stime più ottimistiche, offre solo 1/8 di zone abitabili rispetto alla sua totale superficie. Parliamo quindi di un misero 12.5%.

 

Considerando che questo 3% di aree urbane (possiamo ritenerlo relativamente paragonabile alla superficie utilizzata per attività industriali, approssimando per eccesso) non é concentrato in un solo punto ma disequamente distribuito in tutto il globo, viene immediato realizzare che ci saranno delle zone in cui gli effetti (di qualsiasi genere essi siano) di tale urbanizzazione e industrializzazione sono massimi, ma nella grande maggioranza della superficie del pianeta questi effetti saranno pressochè assenti.

Tipicamente gli effetti aumentano nelle aree ad alta concentrazione urbana ed industriale, e diminuiscono nelle aree a bassa densità di popolazione ed attività industriale, sparendo nelle aree disabitate e non industrializzate.

Per rendere meglio l' idea delle superfici in gioco proponiamo una immagine composita notturna (fonte: il sito della Nasa) che mostra le aree urbane di notte in tutto il globo.

Le aree gialle, come é facile immaginare, rappresentano le aree illuminate, e quindi paragonabili alle zone urbane ed industriali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Davanti ad uno scenario del genere ci si deve rendere conto che anche il solo ipotizzare che le attività umane influenzino l' intero globo é quanto meno irrealistico, se non assurdo.

 

Ma vogliamo andare oltre, e affermare che il concetto stesso di 'temperatura globale' é privo di significato in quanto non rappresentativo delle reali condizioni di temperatura delle singole località utilizzate per ottenere il dato 'globale'.

Qui bisogna fermarsi un secondo a riflettere su come viene usato il concetto di 'temperatura globale': ci viene detto che le medie globali sono in aumento, cioè la temperatura media del  globo (o in altri casi di una intera e vasta zona che si prende a campione) sono in aumento, e si lega a questo possibile aumento una serie di ipotetiche conseguenze. Uno dei classici meme propagandati é che questo 'aumento gobale delle temperature medie' sfavorirebbe in alcune zone del pianeta (o della macro regione considerata) lo sviluppo di fauna e flora.

Ebbene queste affermazioni sono prive di fondamento perchè é tale il concetto stesso di 'temperatura media' in quanto questa media non descrive e spesso si discosta di molto dalle singole temperature che sono servite per crearla.

Paradossalmente noi potremmo avere, nella variazione di due anni consecutivi, 5 regioni in cui la temperatura é scesa di 0.3 °C, 1 regione in cui la temperatura é salita di 2 °C, e la media indicherebbe un aumento di 0.08 °C. Un dato assolutamente illegibile e non rappresentativo.

Ma vediamolo in pratica andando a prendere le temperature dall' archivio meteo italiano.

Vengono qui mostrate le temperature di 3 città, una del sud, una del centro e una del nord, nel mese di Luglio degli anni tra 2009 e 2013.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questi dati vengono calcolate:

 

- la media per città nel corso dei 5 anni

- la media nazionale annuale in tutti i 5 anni

- la media nazionale a 5 anni calcolata sulle medie delle singole città a 5 anni

- la media nazionale a 5 anni calcolata sulle medie nazionali annuali

 

queste ultime due medie dovrebbero corrispondere salvo uno scarto dovuto all' approssimazione, ed infatti otteniamo 26.06 nel primo caso e 26.1 nel secondo caso. Dai numeri, potremmo dire quindi che la media italiana tra il 2009 e il 2013 é stata di circa 26.1 °C. Ma quanto é raresentativo questo dato dei valori delle singole città nei singoli anni?

Come possiamo vedere dalla tabella, i due dati che in assoluto più si discostano da questo valore medio nazionale del  periodo sono:

 

Udine - luglio 2013 - 27.5 °C (ben 1.4° di differenza)

Roma - Luglio 2011 - 24.1 °C (ben 2° di differenza)

 

Ora provate ad immaginare di estendere questo discorso geograficamente a tutta europa, prendendo per esempio una città del nord europa (es: Helsinki), una del centro europa (es: Vienna) e una del sud europa (es: Palermo). Per la grossa differenza di longitudine, di condizioni morfologiche dei 3 paesi coinvolti, di correnti d' aria coinvolte, e per tutta una serie di altri fattori le 3 città hanno temperature notevolmente diverse.

 

La media giornaliera lungo il corso dell' anno per Helsinki varia da -4,7°C a 17.8°C

La media giornaliera lungo il corso dell' anno per Vienna varia da 0.1°C a 20,2°C

La media giornaliera lungo il corso dell' anno per Palermo varia da 12°C a 26°C

 

Ci rendiamo subito conto che con dati così diversi parlare di temperatura media europea perde completamente senso, perchè la media minima di 2.4°C discosta completamente dai valori estremi di -4,7 e 12; allo stesso modo la media massima di 21.3°C discosta nuovamente parecchio dai valori estremi di 17.8 e 26.

Se dovessimo estendere il discorso ancora oltre all' intero globo, coinvolgendo le temperature dell' emisfero australe dove le stagioni sono capovolte, il discorso diventa ancora più complesso.

 

E' per questi motivi che il concetto di Riscaldamento Globale perde ogni significato, e si dovrebbe invece parlare di Riscaldamento Regionale o Multilocale.

 

Si, lo so cosa state pensando: "se tutti i climatologi parlano di temperatura globale, come fai tu a dire che non esiste, e che questo concetto é sbagliato?". Beh, il fatto é che non sono solo io a dirlo, ma un tema formato da: un matematico della University of Western Ontaryo, un matematico del Niels Bohr Institute di Copenhagen, e un matematico della University of Guelph, nel loro studio "Does a Global Temperature exist?". Lo scrissero nel 2007, e noi nel 2015 ancora parliamo di temperatura globale. Nel 2010 fu Birger Wedendahl a pubblicare un articolo intitolato: "Why global mean temperature is not a valid scientific  measure  for global climate change", nel quale con grafici e dati alla mano, sosteneva esattamente quel che sosteniamo noi, e cioè la multiregionalità dei fenomeni e l' impossibilità di poter dare senso scientifico al concetto di temperatura media globale.

 

 

 

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