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Tecnologie Ambientali
Considerazioni sugli Inceneritori
Il seguente articolo é una analisi dell' articolo di Simone Larini sul sito INFORIFIUTI.
Il Larini, con una ventennale esperienza nel campo dei piani ambientali maturata spesso “on field” trattando con varie casistiche di inceneritori ha prodotto un interessante e consigliatissimo sito in cui tratta l' argomento rifiuti a tutto tondo.
Preziosissimi consigli pratici e numerose considerazioni, più o meno condivisibili a seconda dell' ottica personale, vengono forniti dall' autore il quale, pur peccando a mio personale giudizio di genericità e mancato approfondimento nonché di eccessiva passione per la Raccolta Differenziata, fornisce quello che considero il più completo e utile sito sul tema Rifiuti scritto da specialisti italiani.
L' articolo in questione prende in esame uno dei “luoghi comuni” sui rifiuti che l' autore si impegna a smontare; se nel caso di molti di questi luoghi comuni le analisi e le considerazioni di Larini sono da me pienamente condivise, mi sono sentito in obbligo di analizzare passo-passo questo punto in particolare perchè é quello nel quale, secondo me, il Larini commette alcune sviste ed esprime giudizi basati probabilmente su un preconcetto o su un non suffieciente approfondimento tecnico, in particolare quando si tratta di “quantificare” qualcosa. Inoltre, l' articolo mi dà occasione graditissima di rimarcare ciò che da anni come tecnico ambientale vado ripetendo: l' incenerimento é una tecnica funzionale, ma é comunque una tecnica che va saputa gestire nei tempi e nei luoghi dovuti. Si sono visti purtroppo negli ultimi 25 anni dei mostri di incenerimento costruiti a ridosso di centri abitati, spesso obsoleti, che non implementavano le corrette tecnologie. In questo articolo dunque colgo l' occasione di sfatare alcune asserzioni portando esempi di tecnologie nuove, funzionali, già da tempo implemetate da chi lavora nel campo dell' incenerimento in maniera seria. Con questo non voglio assolutamente negare che, come sostiene giustamente Larini, gli inceneritori inquinino; voglio semplicemente porre l' accento sul fatto che questi impianti non sono degli “ecomostri” (come spesso sono definiti) e che anzi allo stato attuale dell' arte si rivelano non solo utili, ma anche vantaggiosi per la sicurezza e il controllo con cui vengono gestiti garantendo non solo il rispetto delle norme, ma anche le essenziali cautele dettate dal buon senso. Sperando che tutto questa possa contribuire a creare una migliore e più corretta opinione in merito tra i lettori.
Al dott. Larini va tutta la mia stima per la sua passione, per il suo impegno, per la sua eperienza, e un sincero grazie per il suo prezioso contributo al tema. Auspichiamo che col tempo sempre più esperti del calibro del Larini si facciano avanti ad informare la gente. Cen' é davvero bisogno.
(Nell' articolo le mie considerazioni sono poste tra parentesi quadre e in carattere colorato)
Luogo comune n. 3:
GLI INCENERITORI MODERNI NON INQUINANO
E’ falso, perchè:
I limiti di legge sono obsoleti
I due inceneritori di Amburgo emettono 0,0085 nanogrammi di diossina per metro cubo di fumi. Si tratta di un quantitativo inferiore di ben due ordini di grandezza rispetto alle emissioni degli inceneritori italiani, prevalentemente allineate al limite di legge di 0,1 nanogrammi per ogni Normal Metro Cubo di fumi. [Per il ragionamento riguardante la tossicità delle diossine che seguirà è necessario convertire le unità di misura. I fumi di un inceneritore composto da combustore e post combustore sono fumi in eccesso d’ aria, quindi con densità paragonabile a quella dell’ aria cioè 1.3kg/m3 a 0°C. Alla temperatura di circa 240-250°C in uscita dagli stack del post combustore, la densità dei fumi è 0.53kg/m3, le quantità di diossina presenti nei fumi vanno quindi riferiti a queste grandezze. La legge impone un limite di 0.1nanogrammi per ogni m3 di fumi a temperatura ambiente = 0,1ngr per ogni 1.3kg di fumi a temperatura ambiente. Riportando questo limite alle condizioni operative abbiamo che 0.1ngr sta a 1.3kg(0°C) come Xngr sta a 0.53kg(240°C) da cui X = 0.04ngr/kg. Questa è l’ effettiva e operativa quantità legalmente accettabile nei fumi di scarico dagli stack di inceneritore nella grande maggioranza dei casi, cioè quando questi non sono ulteriormente raffreddati.]
Ma persino l’inceneritore di Amburgo non si può dire che “non inquini”. La sostanza più tossica del mondo è la TCDD (tetraclorodibenzoparadiossina) [In realtà è la più tossica tra le diossine, ci sono svariate sostanze non dello stesso gruppo molto più potenti e tossiche della TCDD, per esempio il veleno basato sul VX e la batracotossina. Se ci muoviamo in ambito biologico, la tossina botulinica è di gran lunga più potente, pericolosa e dannosa. Ciò non toglie ovviamente che la TCDD sia una tra le più potenti e pericolose sostanze chimiche, ma il fatto di definirla erroneamente la più tossica può creare un preconcetto sull’ argomento], che fa parte del gruppo delle diossine. Per questo motivo, le leggi vigenti impongono limiti di emissione estremamente bassi per diossine e furani. Bastano veramente piccole quantità di questi microinquinanti ubiquitari, infatti, per provocare danni irreparabili.
La tendenza dovrebbe essere quindi di uno stato dell’arte impiantistico che consenta di raggiungere valori di 0,01 nanogrammi [perché proprio questo valore? Qualsiasi valore sotto i 0.04 va teoricamente bene. Inoltre questo valore come tutti quelli di legge si riferisce a 0°C mentre il valore da calcolare correttamente dovrebbe essere riportato alle condizioni operative… il valore 0.01 è già molto più basso di quello che abbiamo calcolato a condizioni operative secondo le normativa vigente, adattandolo alle condizioni operative verrebbe ulteriormente e inutilmente ridotto a 0.01*1.23/0.53 = 0.004ngr/kg di fumi] ma al momento non c’è alcun segnale di una revisione della normativa in questo senso. Quindi bruciare rifiuti a norma di legge in Italia significa emettere undici volte più diossina che ad Amburgo [questo non può essere un parametro di riferimento in quanto generico, in Italia l’ emissione di diossina varia da inceneritore a inceneritore. Vedremo comunque che gli inceneritori più funzionali in Italia emettono diossine in quantità media minore a quella di Amburgo], a parità di quantitativi trattati. Senza contare che anche un limite di legge inferiore non sarebbe comunque cautelativo della salute umana, come verrà meglio spiegato più avanti.
Più si diminuisce la diossina, più aumentano le polveri sottili
Si deve sapere che non esistono veri sistemi per abbattere le diossine emesse da un impianto di combustione [In realtà da svariati anni esistono almeno due metodi efficacissimi di abbattimento delle diossine. Il più utilizzato è quello di indirizzare i fumi attraverso setti porosi di carboni attivi in polvere, dall’ alto potere adsorbente. Il secondo metodo, poco utilizzato ancora in Italia, sfrutta la solubilità delle diossine in sostanze oleose, e consiste nell’ indirizzare i fumi caldi contro film di liquido oleoso che poi vengono improvvisamente raffreddati. Entrambi questi metodi garantiscono l’ abbattimento delle diossine ben sotto i limiti di legge]. La riduzione dei quantitativi specifici di diossine viene ottenuta solo operando sulla temperatura di combustione e sulla geometria della camera di combustione ed eventuale camera di post-combustione [abbiamo appena visto che non è così – si prenda a riferimento la serie di inceneritori del gruppo Hera, di cui parleremo estensivamente tra poco, che utilizzano sistemi di abbattimento a due stadi per il particolato e le diossine basati su calce, bicarbonato di sodio e carboni attivi]. Ad esempio, gli inceneritori moderni superano sempre i 1050°C di temperatura nella camera di combustione; l’impianto di Amburgo arriva addirittura a 1380°C!
Ma bruciare a temperatura più alta, se da un lato significa ridurre la formazione di diossine, dall’altro significa anche ridurre la dimensione delle particelle presenti nei fumi. All’aumentare della temperatura, particelle incombuste, metalli pesanti e altre sostanze inquinanti hanno quindi una dimensione di pochi micron che rende più difficile intercettarle con i vari sistemi di filtraggio (a umido, elettrostatici, ecc.).
Quanto più è ridotta la dimensione del particolato, quanto più sono dannosi i suoi effetti. Tant’è che dopo il PM10 (particelle il cui diametro è uguale o inferiore a 10 µm, cioè 10 micron: 10 millesimi di millimetro) si è passati a rilevare il PM2,5 (diametro uguale o inferiore a 2,5 µm) e adesso si comincia addirittura a parlare di PM1 (diametro uguale o inferiore a 1 µm). Il problema è però che la diminuzione delle dimensioni delle particelle sottili le rende più pericolose, oltre che più difficili da misurare.
In sostanza, questo significa che un impianto come quello di Amburgo può fornire maggiori garanzie per quanto riguarda diossine e furani, ma presenta un pericolo ancora più insidioso sul fronte delle polveri sottili, pericolosissime e responsabili di migliaia di morti nella città italiane ogni anno.
La vecchia direttiva Ue prevedeva che a partire dal 2010 sarebbe dovuto entrare in vigore un nuovo limite di legge per la concentrazione media del PM10 in atmosfera, pari a 20 microgrammi per metro cubo, perchè questa è la soglia al di sopra della quale si comincia a registrare statisticamente l’insorgenza dei tumori. Si calcola che ogni incremento di 1 microgrammo del valore medio annuale di PM10 al disopra della soglia di 20 μg/mc determini 100 morti in più. [Questi calcoli sarebbero tutti da dimostrare, c’ è ancora un dibattito molto aperto sulla correlazione tra PMx e insorgenza di tumori. Finchè non si avrà un quadro definitivo e la certezza del legame tra le due cose non reputo sensato ragionare in questi termini. Finora quel che é stato accertato con un notevole margine di sicurezza é che le particelle tra PM7.5 e PM1 possono depositarsi nelle varie parti dell' apparato respiratorio. Le PM7.5 vengono catturate dalle mucose nasali, e non raggiungono la laringe. Le PM1 al contrario filtrano dritte nella respirazione fino agli alveoli polmonari. Ma l' effetto che queste hanno sul corpo non é dipendente dalla loro dimensione quanto dalla loro natura chimica. Chi in genere parla di studi di correlazione tra PMx e tumori dimentica di specificare che questi studi non riportano COME hanno ricondotto le morti alla presenza di PM10, e dimentica anche di specificare che gli studi sui PM10 non stabiliscono la natura delle stesse. Le concentrazioni e quantità prese in esame sono utilizzate come numero sterile senza discriminare quanto esse siano dovute a incenerimento, a traffico cittadino, o ad altre attività antropiche e industriali. I pochi studi che effettuano una analisi discriminante sulla fonte, in genere mostrano che i PMx emessi dagli inceneritori sono molto minori di quelli emessi da altre fonti più convenzionali (si veda a fine articolo l' immagine proposta). Per chiarezza, le PM10 sono prodotte dai seguenti (ma non solo) fenomeni: processi di combustione (tra cui quelli che avvengono nei motori a scoppio, negli impianti di riscaldamento, in molte attività industriali, negli inceneritori e nelle centrali termoelettriche), usura di pneumatici, freni ed asfalto].
E’ ad esempio stato sulla base della soglia di 20 μg/mc che l’anno scorso l’OMS ha stimato che in Cina ci sono ogni anno mezzo milione di morti direttamente provocate dall’inquinamento da polveri sottili.[Stima appunto completamente arbitraria]
I limiti di legge sono non cautelativi della salute umana
Sono tre i motivi per cui i limiti di legge per diossine e furani non sono in realtà sufficienti a garantire che questo tipo di emissioni non causa alcun danno alla salute umana.
1) Si deve innanzitutto notare la differenza di significato tra i limiti di legge per diossine e polveri sottili. Come esposto nel paragrafo precedente, si può ritenere la soglia di 20 μg/mc di presenza del PM10 nell’aria come un limite realmente cautelativo per la salute, in quanto il dato di 20 μg/mc consegue direttamente dagli studi epidemiologici: è un valore di soglia ricavato dall’analisi dei dati di mortalità.
In questo senso, il limite di legge per le diossine non è per niente cautelativo. Non è una soglia che, come il limite per il PM10, faccia la differenza tra “la vita o la morte”.
Le rilevazioni dei valori di PM10 derivano da centraline poste lungo le strade, in ambito urbano, ed esprimono sostanzialmente il tasso di polveri sottili presenti nell’aria che i cittadini in media stanno effettivamente respirando. I limiti di concentrazione per diossine e furani sono invece misurati “al camino”: impediscono certamente di emettere in maniera incontrollata alcune delle sostanze più tossiche che esistano al mondo, ma non hanno una effettiva corrispondenza con la qualità dell’aria effettivamente respirata dai coloro che abitano nelle vicinanze. [Anche qui c’ è da fare una precisazione: gli inceneritori moderni non monitorizzano il PM10 in uscita al camino, misurano la quantità totale di polveri, che comprende ANCHE i PM10, utilizzando in genere la dicitura PMx o più semplicemente PM. Per definizione le “polveri” sono le particelle solide in aeriforme con diametro tra i 0.25 e i 500 micrometri, delle quale le PM10 sono una minima parte. Se questo valore di polveri al camino è inferiore ai limiti di legge a 0°C, il sistema è ritenuto funzionante e sicuro. Prendiamo per esempio la media di polveri emesse dai camini dell’ inceneritore Hera di Coriano dal 1° luglio al 17 luglio 2013: il valore limite di legge è di 10 mgr/m3 = 10mgr ogni 1.3 kg di fumi a 0°C = 4.1mgr per ogni 0.53kg di fumi in condizioni operative. Il valore medio di questi 17 giorni è 0.65mgr/m3 a 0°C = 0.265mgr a condizione operativa. Ben 20 volte sotto la soglia. Questa è la quantità di polveri che effettivamente escono dal camino ed è importante chiarire che queste sono concentrate nei fumi e nel volume della loro fuoriuscita. Quando questi fumi vengono emessi, essi si diradano e le polveri effettivamente presenti a ogni getto vengono diluite centinaia di volte nell’ aria circostante. Le quantità che poi arrivano al suolo o arrivano ad altezza d’ uomo sono quindi centinaia di volte inferiori a quelle emesse. Con il fatto poi che gli inceneritori sono di solito costruiti ad almeno 1-2 km dai centri abitati e in campagna (ove in genere tira abbastanza vento), le quantità di polveri provenienti dai camini che effettivamente arrivano all’ uomo sono relativamente trascurabili rispetto a quelle emesse per esempio dagli scappamenti delle auto, che sono invece concentrati verso il basso, in centro abitato, e direttamente respirate dall’ uomo. Vedremo tra poco un calcolo utile in merito.]
2) Il limite per diossine e furani è riferito alla concentrazione di diossine in un metro cubo di fumi e non alle quantità complessivamente emesse su base annua. Quindi un grande impianto di incenerimento causerà sicuramente un danno alla salute maggiore rispetto ad un impianto che bruci minori quantità di rifiuti. Quindi ben difficilmente si potrà definire come “innocuo” un impianto con una capacità di trattamento superiore a 200mila tonnellate/anno. [Questo è normalissimo, e credo che nessuno veramente si sogni di definire un qualsiasi impianto di trattamento, che sia incenerimento o altro, come “innocuo”. Allo stesso modo però bisogna chiarire che nemmeno il processo di produzione o smaltimento di pannelli fotovoltaici, di pale eoliche, di syngas, o anche della classica plastica, sia innocuo. Nessuna attività che preveda trasformazioni chimico fisiche è innocua… in tutti i casi in cui debba essere usato (pur se meglio non farlo) è beninteso che “innocuo” è preceduto da un “relativamente” sottinteso. Chi eventualmente dovesse sostenere che un impianto, di qualsiasi genere, é ASSOLUTAMENTE innocuo, lo farebbe per ignoranza o malafede.]
3) Come sua origine, il valore limite di 0,1 nanogrammi corrisponde semplicemente a quello che qualche decennio fa era il limite inferiore di sensibilità degli strumenti di misurazione della diossina nelle emissioni gassose. E tale limite di legge è sempre rimasto uguale, anche dopo che alcuni impianti hanno dimostrato che era possibile ridurre le emissioni di diossina di quasi 100 volte rispetto a tale valore. [Il fatto che la legge non si sia adeguata nel corso degli anni non vuol dire che gli inceneritori vadano denigrati. Anzi la questione mostra ancora di più la competenza e l’ attenzione di chi gestisce gli inceneritori, che si preoccupa di mantenersi sotto i termini di legge e di AIA di almeno 2 ordini di grandezza SENZA ESSERNE OBBLIGATI. La media delle emissioni di diossina/furani dell’ inceneritore Hera di Ferrara si aggirava, già nel 2008, intorno ai 0.00075 nanogrammi! Sono meno dell' inceneritore di Amburgo, e 4 ordini di grandezza inferiori al valore limite]
Non bisogna considerare solo la diossina
Oltre alle diossine, gli inceneritori producono molti altri tipi di sostanze inquinanti. Dato che i limiti di legge per le emissioni pericolose sono riferiti a valori di concentrazione nei fumi in uscita dalla sezione di abbattimento degli inquinanti, ne consegue che più rifiuti vengono trattati, più aumentano le emissioni.
Il principale problema dopo le diossine sono le emissioni acide, per le quali i limiti di legge italiani per gli inceneritori variano dai 10 mg/Nmc (per l’acido cloridrico), a 50 mg/Nmc (per gli SOx) a 80 mg/Nmc (per gli NOx). Le emissioni acide di un grande impianto (i cui fumi in uscita sono dell’ordine di milioni di metri cubi ogni anno) ammontano quindi a centinaia di tonnellate ogni anno. [Facciamo bene i calcoli: supponiamo 1 milione di metri cubi di fumi all' anno, e prendiamo i valori limite di legge supponendo che un impianto marci emettendo quei quantitativi (in realtà i valori medi al camino per queste componenti sono generalmente notevolmente minori, spesso anche ridotte a 1/3): 10mg(HCL)+50mg(SOx)+80mg(NOx) = 140mg totali per ogni m3. Moltiplichiamo per un milione di metricubi, e abbiamo 14milioni di grammi. Per trasformare in tonnellate dobbiamo dividere di nuovo per un milione (1 tonnellata = 1 milione di grammi) ottenendo 14. Un milione di metricubi di fumi contiene teoricamente 14 tonnellate di sostanze acide. Ho scritto teoricamente perchè questi dati sono quelli a temperatura di 0°C utilizzati per i calcoli di legge... in condizioni operative abbiamo la solita conversione in base alla densità del fumo: 14*0,53/1,3 = 5,70 tonnellate di sostanze acide per ogni milione di metricubi di fumi a condizioni operative. Come vediamo, pur se non c' é comunque da rallegrarsi, la situazione è sostanzialmente diversa da quella dipinta. Bisogna stare attenti quando si parla di quantità di inquinanti, perchè si rischia di creare più allarmismo del necessario]
Un inceneritore inoltre emette tipicamente altri tipi di sostanze pericolose, come ammoniaca e metalli pesanti (principalmente mercurio, cadmio e piombo) nell’ordine di parecchie tonnellate ogni anno. [Per quanto appena visto, dire “parecchie tonnellate ogni anno” non é sensato per principio. Si quantifichi bene]
Gli ossidi di combustione vengono abbattuti dalla sezione di depurazione fumi, ma l’abbattimento non è mai completo, così come quello delle sostanze incombuste o del particolato sottile in genere. Dato che come si è detto un grande impianto emette milioni di metri cubi di fumi ogni anno, ciò significa che anche un inceneritore che rispetti largamente i limiti di legge emetterà questi tipi di sostanze nella misura di decine o anche centinaia di tonnellate l’anno. Contribuendo quindi all’inquinamento complessivo del territorio in misura per niente trascurabile [Trascurabile o non trascurabile va definito con dei dati modello o con misurazioni reali. E quando si guardano i numeri le cose son diverse. Uno studio della Facoltà di Ingegneria dell' Università di Bologna sulle emissioni da traffico veicolare (anno 2010 – relatore: Ing. Mantecchini) riportava in tabella che una macchina a benzina che procede a 70km/h emette dagli scarichi 0.319grammi di NOx per ogni km percorso. Una macchina diesel nelle stesse condizioni ne emette 0.433 grammi/km. Essendo 0.319g = 319mg, ogni km di marcia di una di queste macchine produce NOx per 4 volte i limiti visti per gli inceneritori (80mg limite x 4 = 320mg). Un inceneritore che butti in aria 80mg/m3 di NOx inquina decisamente meno del traffico medio cittadino. Vediamo il perchè: consideriamo le famose 14 tonellate di gas acidi gettate in 1 milione di metri cubi di fumi. La porzione di NOx é di 8 tonnellate = 8 milioni di grammi. Una macchina produce 0.319 grammi al km. Per sapere quanti km deve percorrere per raggiungere la quantità emessa da un inceneritore possiamo assumere 8milioni / 0.319 = circa 8milioni * 3.1 = 24milioni di km. Ovviamente una macchina non percorre tutti questi km, ma se consideriamo la vita media di una macchina in 150mila km otteniamo 160, che é il numero di macchine a benzina che ci vogliono per produrre 8 tonnellate di NOx nell' arco della loro vita di 150mila km. Giochiamo ancora con i numeri e prendiamo una città in cui circolino 1500 macchine (non é poi molto): il risultato é che servono 16000 km ad ognuna per produrre in totale 8 tonnellate di NOx. Considerando che in una città come Roma il chilometraggio medio annuale di un' auto é di circa 20000-25000km, abbiamo che in meno di 9 mesi 1500 auto a benzina che teoricamente vadano costantemente a 70 producono la stessa quantità di NOx prodotta da un inceneritore che butta in aria 1 milione di metricubi di fumi. Se consideriamo macchine a diesel i numeri sono ancora più esplicativi.]
Gli inceneritori sono tra gli impianti più inquinanti
A ulteriore dimostrazione della potenziale pericolosità degli inceneritori, si consideri che nel 2010 sono stati inseriti nell’elenco delle attività più inquinanti per cui è obbligatoriamente prevista l’AIA(Autorizzazione Integrata Ambientale). In pratica, l’AIA é un provvedimento che ha obbligato tutti i gestori degli impianti più inquinanti ad attivare una procedura per cui l’autorizzazione all'esercizio dell’attività è stata rilasciata solo dopo aver dimostrato e garantito la propria conformità rispetto alle migliori tecniche disponibili per la specifica tipologia di impianto, in certi casi previo adeguamento dei processi impiantistici a dettagliate prescrizioni imposte dai competenti uffici regionali o provinciali.
In sostanza, qualche anno fa per tutti gli impianti di incenerimento è stata presentata domanda di AIA, esattamente come hanno dovuto fare acciaierie, raffinerie, cementifici, industrie chimiche, impianti di fabbricazione di esplosivi, ecc.
L’ inserimento degli impianti di incenerimento dei rifiuti nell’elenco delle attività soggette ad AIA non certo casuale. Scorrendo la lunga lista di sostanze inquinanti emesse da questo tipo di impianti, è facile capire come mai anche un “inceneritorista” come il sottoscritto, che con i suoi piani ha localizzato numerosi impianti di incenerimento in Italia, non può considerare la combustione di rifiuti un’attività “innocua”, come molti amministratori tuttora cercano di far credere. [Dipende da come la si vede: secondo il sottoscritto per esempio l' istituzione dell' AIA e la inclusione in essa delle attività di incenerimento sono il frutto di una visione ambientalista alquanto viziata, basata su preconcetti e approssimazioni. Se un certo grado di prevenzione é non solo sano ma anche auspicabile, non si deve commettere l' errore di dichiarare a priori la pericolosità di un processo solo perchè esso é nella lista AIA]
Anche quando, in altre “epoche” ho collaborato alla stesura di piani che sostenevano la necessità di costruire un inceneritore, (in quanto allora era considerato utopico pensare che la RD potesse superare il 30%, come invano cercavo di dimostrare, quindi l’incenerimento era una strada obbligata), mi sono sempre attenuto rigorosamente a questa linea di pensiero e mai mi sono permesso di sostenere che un inceneritore (li ho sempre chiamati così, sin dai primi anni ’90) era un impianto che “non inquina” o addirittura “innocuo”.
Ritengo che chi oggi, impegnato in una battaglia di retroguardia a favore della combustione di rifiuti, volesse appoggiare la costruzione di un inceneritore dovrebbe comportarsi esattamente come chi volesse sostenere la costruzione di un’autostrada a 6 corsie: potrà dire che è “necessaria”, “strategica”, “vantaggiosa”, ma mai potrà affermare che è “innocua”. Se lo facesse, sprofonderebbe nel ridicolo. Un inceneritore è un impianto industriale di genere inquinante e deve essere obbligatoriamente essere localizzato in una zona industriale. [Parole sagge, mi permetto però di aggiungere che cadrebbe nel ridicolo anche chi al giorno d' oggi combattesse una battaglia CONTRO gli inceneritori a priori sostenendone la pericolosità con argomenti infondati. Il principio di base é correttissimo: gli inceneritori vanno costruiti fuori dai centri abitati, in zone possibilmente non fruttifere ma anzi sabbiose, e ove le correnti maggiori non portino verso centri abitati]
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Dopo aver commentato l' articolo del dott. Larini, prendo lo spunto per fare qualche altra considerazione riguardo l' argomento più spinoso relativamente agli inceneritori, le diossine e la loro pericolosità:
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Non in questo articolo, ma in svariati altri, sono state messe in correlazione le Diossine (e in particolare la 2,3,7,8-TCDD) e il cancro. Classificata come sostanza cancerogena per l' uomo, da qualche anno ormai gli ultimi studi hanno chiarito che questa catalogazione non é veritiera. Intanto questo genere di composti presenta quella che viene chiamata “J-Shape dose response”, cioè a basse dosi la sostanza DIMINUISCE l' incidenza dei cancri, per poi AUMENTARLA a dosi massicce e crescenti. Dal 1997 in poi inoltre sono numerosi gli studi che mettono in crisi il legame tra tumori e TCDD e diossine in generale. La teoria più accreditata attualmente sostiene che la diossina non ha effetto di STARTER del cancro ma solo di AUGMENTER, cioè, una volta in corso un cancro per altri motivi, l' assunzione di diossine e in particolare di TCDD ne aumenta (o può aumentare) il proliferare. E' famoso lo studio del 2011 sui veterani del Vietnam che evidenzia come a distanza di 30 anni non si sia trovata evidenza di malattie dovute alla diffusione dell' Agente Orange (di cui la TCDD fu componente essenziale)
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La TCDD ha un valore di soglia LD50 (dose letale capace di ridurre del 50% un campione di cavie quando assunta in una unica volta) pari a 0,02mg/kg. Per ragionare su questo dato all' inizio dell' articolo abbiamo effetuato una conversione di unità di misura. Riprendendo quei dati, avevamo trovato in 0.04nanogrammi/kg la quantità di diossine operativamente emettibili per legge allo stack di un impianto di invcenerimento. Come si può osservare dall' ordine di grandezza, anche se una persona si dovesse paradossalmente trovare a respirare proprio alla bocca dello stack di un impianto che emette 100m3 di fumi (= 100kg di fumi = 100*0,04ng = 4nanogrammi di diossine) non correrebbe nemmeno il rischio dovuto alla LD50 della TCDD perchè questo valore é ancora CINQUEMILA VOLTE superiore.
Rimando ai seguenti Links per completezza di trattazione:
http://it.wikipedia.org/wiki/PM10
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21441038
La tabella qui sopra é presa dal documento del NOE del 2005, contenente i dati ISPRA, relativi ai campionamenti delle emissioni in varie zone sensibili del Lazio. Gli inquinanti sono riportati nelle colonne, la colonna PM si riferisce alla somma delle polveri sottili emesse.
Si noti che l' inceneritore AMA nel 2005 ha prodotto un valore di PM totali di 0.44 Tonn/anno mentre, per esempio, le sole emissioni residenziali (presumibilmente dovute ai riscaldamenti e a combustioni domestiche) hanno raggiunto un contenuto in PM di 8.3 Tonn/anno. Il traffico ha prodotto un contenuto in PM di circa 73 Tonn/anno.
Se volessimo essere cattivi, potremmo perfino promuovere la diffusione dei fumi di inceneritore nel centro cittadino per 'diluire' il contenuto percentuale in PM dell' aria.